Un giusto approccio al recupero crediti stragiudiziale
Paolo Mascitelli • 28 luglio 2020
Il recupero crediti stragiudiziale consiste in un insieme di attività che possono configurarsi in solleciti scritti, telefonici e visite domiciliari da parte di procuratori o collaboratori autorizzati dalle mandanti. Il loro scopo è quello di invitare il debitore ad un pagamento spontaneo della quota di denaro dovuta.
Il successo di una negoziazione di un credito in via stragiudiziale dipende da molti fattori; vediamo di capire le dinamiche.
Le persone (nel nostro caso i debitori, che nel mondo della "collection" vengono altrimenti definiti clienti o consumatori), non decidono per paura di commettere errori. Ogni giorno commettiamo questo errore: decidere di non decidere non solo si dimostra sbagliato nel tempo, ma spesso di dimostra sbagliato a priori. Eppure la maggior parte delle volte pur di evitare il rischio di sbagliare, si sceglie di sbagliare con sicurezza.
Perché questo avviene?
Il nostro cervello è diviso in tre parti:
- Old Brain
- Middle Brain
- New Brain
Le aree del cervello incaricate di compiere decisioni complesse, coordinare più dati e valutarli nel loro insieme per arrivare ad una soluzione logico ragionale appartengono all’area del cervello più recente: il New Brain.
In situazioni di ansia, stress e pericolo, come accade nel momento in cui è necessario prendere una decisione importante (ad esempio nella chiusura di una trattativa di vendita), il New Brain viene sostanzialmente disattivato e prende il sopravvento l’Old Brain, settato per esigenze dell’era primitiva.
Il nemico del consumatore è la seguente frase : “Ci penso le faccio sapere”, reazione che si scatena a seguito di emozioni quali: ansia di commettere un errore, paura di pagare ciò che non è conveniente o non è dovuto, paura di essere raggirati, di rimanere senza risorse, stress di dover giustificare ai coniugi delle scelte.
L’unica chance che ha il nostro interlocutore per rimandare la trattativa e fronteggiare queste emozioni “irrazionali” è quella di aspettare tempi migliori: se vogliamo negoziare, dobbiamo quindi aiutare il cliente a fargli capire che siamo dalla parte delle loro esigenze.
Studi dimostrano che il processo decisionale passa attraverso 9 fasi:
- “E’ interessante”: nella prima fase il cliente si avvicina a noi perché ci reputa interessanti, il nostro primo obiettivo quindi è quello di impadronirci della sua attenzione con un’esca che susciti il suo interesse;
- “E’ utile”: il cliente percepisce che oltre ad essere interessanti siamo anche utili nella risoluzione di un suo problema. Un modo per risultare molto interessanti è quello di dare gratuitamente informazioni che gli risolvono un problema.
- Sarebbe un sogno..” : mostriamo cosa potremmo fare per il cliente se risolvessimo un suo problema, deve provare un sentimento di ansia misto a desiderio di trasformarlo in realtà.
- “E’ unico in questo settore, non esistono altri come lui” : posizioniamoci come massimi esperti specializzati per il cliente.
- Elenchiamo e discriminiamo ogni soluzione conosciuta dal cliente: deve arrivare a credere che nessuno oltre a noi potrà aiutarlo a risolvere il suo problema.
- “Ha funzionato per gli altri” dimostriamo che la nostra soluzione ha già funzionato per altre situazioni simili alla sua
- "In effetti non rischio nulla ad agire" : il cliente deve avere la certezza che il rischio che corre a concludere la trattativa con noi è pari a zero;
- "Mi pentirò se non agisco": le offerte dovranno essere uniche ed irripetibili, un vero e proprio affare valido solo se decide subito.
- "So come giustificare la mia scelta a terzi": il cliente saprà motivare l'affare alle persone che lo circondano, certo che il motivo della negoziazione sarà compreso.
Le regole che valgono per la vendita sono pertinenti e mutuabili anche nell'ambito del recupero crediti, in cui di fatto il cliente fa fatica a decidere perchè il venditore/recuperatore, sbaglia a porre le giuste domande.
La disastrosa sequenza di domande che continuamente ci viene posta quando siamo di fronte ad un potenziale acquisto, è sintomo di un venditore poco competente, che ha come unica conseguenza quella di far scappare il cliente che inesorabilmente, per togliersi dall'imbarazzo, rimanda la decisione e scappa.
Diversamente, se il venditore ponesse la corretta sequenza di domande, coglierebbe l'attenzione del cliente, innescando il processo decisionale.
"Vuoi sapere perchè ti conviene iniziare una relazione con me?
"Quali problemi hai che posso risolverti"?
"Vuoi sapere cosa posso fare per te GRATIS?
E' evidente che la chiave fondamentale per indirizzare l'affare nella giusta direzione sia quella in primo luogo di DARE, poi successivamente di RICEVERE. Non il contrario.
I clienti sono avvezzi a negoziazioni relative ai propri debiti; non hanno bisogno di avere dettagli sulla nostra reputazione, del nostro lavoro, della storia della nostra azienda, della minuziosa descrizione del prodotto che offriamo, vogliono soddisfare un bisogno che NOI dobbiamo far nascere e coltivare, sottolineando cosa siamo disposti a fare per loro.
Come avviene questo?
Se erriamo qualcosa nell'approccio, il cliente, seppur inconsciamente, lo avvertirà e si troverà indeciso sul da farsi.
La verità è che non è indeciso sull'affare, passato in secondo piano, è indeciso su di noi che non siamo stati sufficientemente bravi a conquistare la sua fiducia.
L'oggetto della negoziazione, ovvero il saldo del debito, non è al centro della trattativa perchè per il cliente, la maggior parte delle volte, è un male necessario, è qualcosa di cui farebbero a meno e lo considerano come soluzione solo per ottenere il risultato che da tale saldo riusciranno ad ottenere: "le persone non comprano trapani, comprano buchi ben fatti".
Applicando un concetto tipico del marketing, le persone non vogliono comprare stanze d'albergo o voli transatlantici, vogliono la spiaggia su cui trascorrere le proprie vacanze, che il più delle volte è gratis, ma ha il difetto di essere dall'altra parte del mondo, per cui è necessario passare attraverso l'acquisto della stanza e del volo.
Se ti posizioni come un consulente che risolve problemi concreti al cliente, "vendere" sarà più facile di quello che credi e i tuoi clienti decideranno senza problemi.
Mettiti i suoi occhiali
"Quale problema specifico risolve il nostro servizio? "
"Quali benefici reali e concreti comporta giungere ad una positiva negoziazione?
Ad oggi al cliente interessano solo due cose: i suoi problemi e i suoi obiettivi. Stesso interesse dobbiamo avere se vogliamo chiudere la trattativa. E' fondamentale per tanto raccogliere più informazioni possibili sul cliente in modo tale da soddisfare le sue richieste per risolverle nell'immediato.
Dimostra di essere unico e adeguato per il caso del cliente e sii generoso, questo ripaga sempre.

Il termine "sharenting" si riferisce alla pratica dei genitori di condividere costantemente contenuti online riguardanti i propri figli, come foto, video e ecografie. Questo neologismo deriva dall'unione delle parole inglesi "share" (condividere) e "parenting" (genitorialità). La pubblicazione in rete delle foto/video dei propri figli può comportare numerosi rischi che minacciano la privacy e la sicurezza dei minori tra cui: violazione della privacy e della riservatezza dei dati personali anche sensibili; mancata tutela dell’immagine del minore che a causa della permanenza in rete e dell’inevitabile perdita di controllo da parte dei genitore sul contenuto postato può essere utilizzata per fini impropri da parte di terzi (es. pedopornografia, ritorsioni etc); ripercussioni psicologiche sul minore rischiando di ritrovarsi con un'identità digitale costruita su immagini di cui non ha dato il proprio consenso, rischio di adescamento da parte di malintenzionati che possono sfruttare dati ed abitudini dei minori esposti online. Incremento episodi cyberbullismo E’ importante prestare attenzione quando si decide di pubblicare tali contenuti e seguire i suggerimenti forniti dal Garante della privacy tra cui: ✔️rendere irriconoscibile il viso del minore (ad esempio, utilizzando programmi di grafica per "pixellare" i volti) ✔️coprire i volti con una “faccina” emoticon; ✔️limitare le impostazioni di visibilità delle immagini sui social network solo alle persone che si conoscono o che siano affidabili e non le condividano senza permesso nel caso di invio su programma di messagistica istantanea; ✔️evitare la creazione di un account social dedicato al minore; ✔️leggere e comprendere le informative sulla privacy dei social network su cui carichiamo le fotografie.

La retribuzione minima stabilita da un contratto collettivo nazionale sottoscritto dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative non basta a garantire il rispetto del principio di sufficienza e proporzionalità dettato dall’articolo 36 della Costituzione. La Corte di cassazione ha stabilito che anche in presenza di un accordo collettivo, spetta in ogni caso al giudice il potere di valutare la congruità del salario minimo stabilito dalle parti sociali, mediante una verifica costituzionalmente orientata di tale misura. Dalla "corretta lettura" dell’articolo 36 della Costituzione, infatti, la Corte giunge a ricavare il principio secondo cui ciascun lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Secondo la Corte (sentenze 27711 e 27769 del 2 ottobre 2023) l'articolo 36 della Costituzione evidenzia due diritti distinti ma interconnessi: il diritto a una retribuzione " proporzionata " in base alla quantità e qualità del lavoro e il diritto a una retribuzione " sufficiente" che assicuri una vita dignitosa per il lavoratore e la sua famiglia. La valutazione della congruità del salario minimo diventa, quindi, una valutazione flessibile dipendente dal contesto economico e sociale in evoluzione. La Corte ha introdotto un nuovo punto di vista sostenendo che per determinare il salario minimo non si debba considerare solo la soglia di povertà assoluta calcolata dall'Istat ma anche i concetti di sufficienza e proporzionalità. La Corte fa riferimento alla direttiva dell'Unione Europea sui salari adeguati che incoraggia gli Stati membri a garantire non solo i bisogni essenziali ma anche la partecipazione a attività culturali, educative e sociali. La valutazione che il giudice è chiamato a svolgere in merito alla congruità del salario minimo è dunque una valutazione fluida , dipendente dal contesto economico in evoluzione e non cristallizzata in parametri intangibili. Secondo gli Ermellini, quindi, si deve garantire al lavoratore una vita non solo non povera, ma anche dignitosa. In questo senso la Corte fa espresso riferimento alla recente direttiva Ue sui salari adeguati (n. 2022/2041) che sprona gli Stati membri a dotarsi di legislazioni nazionali orientate a garantire non solo il soddisfacimento di meri bisogni essenziali (quali cibo, alloggio, e così via) ma anche la legittima partecipazione ad attività culturali, educative e sociali. La direttiva Ue propone alcuni parametri per adeguare il salario minimo, come il potere d'acquisto dei salari rispetto al costo della vita e la distribuzione dei salari. Questo rappresenta un cambiamento rispetto alla precedente giurisprudenza che si concentrava su parametri come l'indice Istat di povertà o l'importo della Naspi o del reddito di cittadinanza. La Corte di Cassazione invita a valutare con prudenza gli scostamenti dalla contrattazione collettiva, ma le recenti sentenze rischiano di creare incertezza , passando dalla certezza dei contratti collettivi a un potenziale eccesso di discrezionalità nelle aule di tribunale. La massima: "Il giudice può discostarsi dal Contratto collettivo Il giudice deve fare riferimento innanzitutto alla retribuzione stabilita dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria, dalla quale può tuttavia motivatamente discostarsi, quando la stessa entri in contrasto con i criteri normativi di proporzionalità e sufficienza della retribuzione dettati dall’articolo 36 della Costituzione. Per la determinazione del giusto salario minimo il giudice può usare come parametro la retribuzione stabilita in altri contratti collettivi di settori affini e può fare altresì riferimento a indicatori economici e statistici, anche secondo quanto suggerito dalla direttiva Ue 2022/2041 del 19 ottobre 2022. Cassazione civile, sez. lavoro, 2 ottobre 2023 n. 27711 e n. 27769" Di altro avviso è il Tribunale di Milano che invece richiama espressamente la "prudenza" nel discostarsi dal salario indicato dal CCNL leader: "Ove la retribuzione prevista nel contratto di lavoro risulti inferiore alla soglia minima di sufficienza in base all’articolo 36 della Costituzione, il giudice adegua la retribuzione secondo i criteri costituzionalmente garantiti, con valutazione discrezionale. Ove però la retribuzione sia prevista da un contratto collettivo, il giudice è tenuto a usare tale discrezionalità con la massima prudenza, cura e attenzione e comunque con adeguata motivazione, giacché difficilmente è in grado di apprezzare le esigenze economiche, politiche e sindacali sottese all’intero assetto degli interessi concordato dalle parti sociali nel confronto che porta alla stipulazione del contratto collettivo. Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, 21 febbraio 2023
Secondo la Cassazione n. 14760/22 è l egittimo il licenziamento della cassiera di un supermercato che per vincere i premi "cd fedeltà" carica i punti sulla propria carta, quando i clienti abbiano dimenticato o non abbiano proprio la tessera. Il caso A fronte del licenziamento disciplinare subito per i fatti in premessa, la dipendente assumeva a propria difesa la propria estraneità, deducendo che negli orari e nei giorni in cui risultavano eseguiti i fatti, ella si era alzata dalla propria postazione. I giudici di merito respingevano l'impugnazione, facendo gravare sulla dipendente l'onere della prova esimente, ritenendo già comprovata in via documentale la prova della giusta causa, in quanto tale fatto di per sé mina alla radice il rapporto fiduciario anche in ottica futura. Approdati dinanzi al giudice di legittimità, la Cassazione ha concluso per la legittimità della sanzione in funzione anche degli obblighi aziendali discendenti dal particolare rapporto di lavoro esistente tra le parti.T
La Cassazione con ordinanza 5077/2021 rigetta il ricorso della ex moglie ed esclude il diritto all'assegno di divorzio, ribadendo le motivazioni già affermate dai giudici di secondo grado. Le indagini difensive del marito erano infatti in grado di fornire prova del fatto che la donna, nonostante le dimissioni formali al proprio datore di lavoro, continuava a prestare di fatto servizio nello studio professionale. Inoltre i problemi di salujte accusati dalla donna quali impedimenti per costituire forza lavoro autonoma e garantirsi un impiego, non si dimostrano fondati in quanto risulta essere nelle piene capacità lavorative.